RICOSTRUIRE LA STORIA DI FAMIGLIA: GLI EROI RITROVATI
La narrazione del romanzo familiare ha sempre dei tratti lacunosi, si cancellano “persone scomode”, si romanzano eventi, anche i fatti storici spesso vengono aggirati o minimizzati. Le ragioni posso essere molteplici, a volte richiamare alla memoria fatti che coinvolgono lutti o emozioni faticose, fa si che si preferiscano omettere eventi, sia per meccanismi di auto-protezione che per lealtà familiare.
Nella mia famiglia, di tratto spiccatamente matriarcale, non ho mai focalizzato figure maschili di rilievo… la storia della vita dei nonni è sempre stata un racconto frammentario, indiretto: ero molto piccola quando il nonno materno è morto e non ho potuto conoscere “veramente” il nonno paterno, poiché affetto da una pesante invalidità che gli impediva non solo di muoversi, ma anche di parlare, di raccontarsi.
Le fonti: Archivi di Stato e fogli matricolari
Il percorso di Psicogenealogia ha alla base la storia di famiglia, non solo la narrazione dei fatti riguardanti gli antenati, ma anche la ricerca del contesto storico degli eventi e la ricerca dei pezzi del puzzle mancanti.
Nel mio caso le storie dei nonni, militari al fronte durante la seconda guerra mondiale era scarna o addirittura assente. Le fonti storiche a nostra disposizione sono gli Archivi di Stato, che hanno catalogato e, in alcuni casi, digitalizzato la documentazione militare di ogni cittadino italiano dal 1868 ad oggi. Sono così risalita al numero di protocollo del foglio matricolare di ognuno dei due nonni, consultando l’elenco disponibile on-line, nel sito dell’Archivio di Stato del Distretto militare di competenza, che contattato via mail mi ha inviato le scansioni dei relativi documenti archiviati. La storia militare è un “diario di bordo”, sono descritti eventi salienti, luoghi e date degli spostamenti della persona e del suo plotone di riferimento.
Armistizio 8 settembre 1943: i diversi destini dei soldati
Per entrambi i nonni l’evento che ha tracciato una linea di demarcazione nella Seconda Guerra Mondiale è stato l’Armistizio dell’8 settembre 1943, dove da Alleati della Germania, nell’arco di una notte diventiamo loro nemici.
Dopo l’Armistizio italiano dell’8 settembre 1943 le forze militari italiane in Italia e nei Balcani non furono in grado di tenere testa ai tedeschi. Il loro collasso fu quasi immediato e senza combattimenti e fu determinato, da un lato, dalla mancanza di direttive precise, di ordini superiori che aiutassero a gestire la situazione di crisi; dall’altro, dall’incapacità dei comandanti italiani di reagire al disorientamento. https://www.memorieincammino.it/parole/sbandati/
La storia del nonno materno viene confermata, la sua truppa di appartenenza, di stanza a Postumia si disgrega e lui diventa uno “sbandato”, erano chiamati così i soldati fuggiti dal fronte per tornare a casa o nascondersi con il generoso aiuto della popolazione locale. Si omette nella narrazione familiare il contesto in cui il nonno materno fugge e fa rientro a casa a piedi dalla Slovenia alla provincia di Padova: attraversa da nemico, un territorio presidiato dai Tedeschi, che avevano il mandato, non solo di catturare i soldati italiani, ma anche di uccidere i fuggitivi, considerati traditori e antifascisti.
Per quanto riguarda il nonno paterno, anche nella memoria dei figli non c’è molto, nei suoi racconti diceva che era andato a lavorare in Germania…fumoso, scarno e con il senno di poi poco verosimile…in questo caso i documenti hanno messo in luce una storia ben diversa!
Il nonno paterno Italo ( i nomi non sono mai un caso!) viene mandato con le truppe in Albania, l’8 settembre i suoi superiori, nel caos dettato dalle scarne comunicazioni del Comando Generale, mantengono compatta la divisione militare di cui sono responsabili, ma il loro destino è di venire catturati dai Tedeschi. Centinaia di migliaia di soldati italiani furono messi davanti alla scelta di passare come soldati nelle file tedesche, ossia diventare dei traditori del Regno d’Italia a cui avevano prestato fedeltà con il giuramento militare, oppure rimanere prigionieri. I tanti che scelsero lo stato di prigionieri, non “prigionieri di guerra”, bensì furono deportati nei campi di lavoro in Gemania, con lo status di IMI (Internati Militari Italiani).
Dopo il disarmo, soldati e ufficiali vennero posti davanti alla scelta di continuare a combattere nelle file dell’esercito tedesco o, in caso contrario, essere inviati in campi di detenzione in Germania. Solo il 10 per cento accettò l’arruolamento. Gli altri vennero considerati prigionieri di guerra. In seguito cambiarono status divenendo “internati militari” (per non riconoscere loro le garanzie delle Convenzioni di Ginevra), e infine, dall’autunno del 1944 alla fine della guerra, lavoratori civili, in modo da essere utilizzati come manodopera coatta senza godere delle tutele della Croce Rossa loro spettanti. https://it.wikipedia.org/wiki/Internati_Militari_Italiani
Il nonno e tanti altri come lui sopravvissero a condizioni di lavoro disumane, con orari sfiancanti, alimentazione e abbigliamento inadeguati, punizioni corporali o collettive, a cui seguirono malattie come tubercolosi, polmonite, pleurite e disturbi gastro-intestinali. Tornò vivo, dalla fredda Amburgo, rimpatriato dagli Alleati nell’agosto del 1945.
Poter scoprire i fatti reali celati dietro storie non raccontate è stata non solo una grande emozione personale. La condivisione di questa storie con la mia famiglia ha portato nuove consapevolezze, la richiesta al Ministero della Difesa del riconoscimento del nonno con la Medaglia al Valor Militare, ha restituito memoria e valore a uomini che non erano solo dimessi contadini o operai, ma che sono stati eroi fedeli alla propria Patria.
Se i miei antenati non avessero avuto coraggio ed enorme forza di volontà, non avrebbero fatto ritorno alla propria amata famiglia, che fosse a piedi per centinaia di chilometri o nel tentare di mantenersi in vita in un campo di lavoro, senza la loro tenacia i miei genitori ed io non saremmo venuti al mondo.